domenica 8 giugno 2008

FATALE APPUNTAMENTO A PARIGI: Recensione di Annalice Furfari

Un incidente, il destino, il caso: intrecci di vite umane e lo sfondo di una magica, incantevole Parigi


La tragedia del Concorde al centro di un romanzo pubblicato da Tabula fati

Parigi era una città come tante altre quel martedì 25 luglio dell’anno 2000, un giorno identico ai precedenti e ai prossimi a venire, contrassegnato dall’abituale tran tran quotidiano (così tipico di una metropoli sconfinata e affollata) di uomini e donne che si affannano e si stressano per poter arrivare puntuali a lavoro (impresa estremamente ardua, data la mole di traffico urbano) e gruppi di turisti che, seppur in vacanza, corrono anch’essi nel tentativo di risparmiarsi ore di fila davanti ai musei più prestigiosi del mondo. Nonostante l’apparenza di normalità, in quel martedì il cielo della capitale francese viene sconquassato da un incidente aereo, la nota tragedia del Concorde (l’“F-Btsc” del volo “Air France 4590”), il velivolo supersonico, capace di volare da Parigi a New York in soli tre ore e quaranta minuti, il gigantesco uccello meccanico che sembrava indistruttibile, proprio come il Titanic. E invece il fiore all’occhiello delle compagnie aeree “Air France” e “British Airways”, che non aveva mai subito sinistri prima di allora, due minuti dopo il decollo (per la cronaca, alle 16:40) prende fuoco a un motore e, perso il controllo da parte del comandante Christian Marti, si schianta nelle vicinanze dell’aeroporto “Charles De Gaulle”, a lato dell’albergo di Gonesse “Le Relais Bleu”. L’incidente sarà fatale per i cento passeggeri a bordo, per i nove membri dell’equipaggio e per quattro persone che si trovavano a terra.
La disgrazia del Concorde è il nucleo tematico dell’ultimo libro di Gabriele Tristano Oppo, Fatale appuntamento a Parigi (Edizioni Tabula fati, pp. 190, € 9,00), opera che rievoca questo tragico evento di cronaca nera in chiave romanzesca, mostrandoci come le vite degli sfortunati protagonisti siano state irrimediabilmente sconvolte dal sinistro.
La funesta pagina di storia ufficiale viene ricostruita da una prospettiva particolare e originale, nei suoi riflessi privati, focalizzando l’attenzione sulle vicende e sui pensieri di molteplici personaggi, le cui esistenze si intrecciano inestricabilmente, accomunate da un destino crudele e beffardo.

I dolci sogni di Philippe
Tra i personaggi principali troviamo il giovanissimo Philippe Perrin, che, dopo un anno di studio, si merita la tanto agognata vacanza, una giornata presso la fattoria di Tremblay per fare visita a Isabelle Florent, la sua ex tata ora sposatasi, sempre considerata dal ragazzo «la sua seconda mamma». In realtà, da quando la donna è diventata la signora Lanneau e non gli tributa più le sue cure affettuose, Philippe si è reso, finalmente, conto di provare un sentimento più adulto ed intenso nei confronti della sua nounou.
«Isabelle era infatti l’unica figura femminile che avesse stimolato la sua fantasia di bimbo, ed ora che la tempesta ormonale della pubertà aveva travolto il suo corpo di ragazzino lei si era trasformata, nella sua immaginazione, da seconda mamma in qualcosa di diverso che ancora non capiva appieno. Alla sera, prima di addormentarsi, si era sorpreso a desiderare le sue carezze, ma non quelle di quando era bambino: ora provava un acuto bisogno fisico di averla vicino, di fiutare ancora il suo profumo, di risentire il calore avvolgente del suo corpo quando lo abbracciava, quella sensazione di appagante tranquillità che provava quando la sua mano gli scompigliava i capelli…». La mancanza della giovane inizia, così, a diventare insopportabile e, per Philippe, la gita a Tremblay costituisce una proficua occasione per starle nuovamente vicino. Tra l’altro, trovandosi la fattoria nei pressi dell’aeroporto, il liceale, accompagnato dal suo amico Julien, ha la possibilità di coronare un altro suo grande sogno: ammirare, a brevissima distanza, il decollo, l’atterraggio e il volo degli aerei, sua fervida passione. «Philippe era un patito del volo e degli aerei – ci racconta l’autore – : sin da bambino aveva chiesto al padre, che girava il mondo per motivi di lavoro ed era diventato un esperto di linee aeree, decolli e atterraggi, di portarlo con sé a spasso per il cielo, qualche volta, ma il signor Perrin aveva sempre fatto orecchie da mercante». Pertanto, il ragazzo si ripromette di iniziare a frequentare gli aeroporti, raggiunta la maggiore età.

La signorina Maijka
La signorina Maijka Cernenka, nata nel 1918 in Moravia, è un’anziana pianista, nota in tutto il mondo per le sue melodie suggestive, in particolare per le splendide esecuzioni degli Improvvisi di Schubert. Dopo una brillante carriera presso il conservatorio di Praga, le si era presentata l’occasione di lasciare il suo paese, nel 1955, grazie ad un invito ufficiale del Ministero della Cultura francese. La donna aveva deciso di partire, per allontanarsi dai soprusi e dalle ingiustizie della seconda dittatura vissuta dalla Cecoslovacchia, dopo quella nazista. A Parigi Maijka aveva incontrato Henri Aumont, «un sessantenne scapolone impenitente» che le aveva tributato subito una corte spietata. La musicista aveva finito con l’accettare la sua proposta di matrimonio, con l’obiettivo di ottenere dalle autorità ceche il permesso di espatrio permanente. «Ripensando a quella avventura, Maijka non provava alcun rimorso per la pazzia che aveva fatto: anche se non lo aveva mai amato, Henri la circondava di premure e attenzioni dimostrando di esserle affezionato». E soprattutto aveva potuto continuare la sua attività di concertista in giro per il mondo, entrando in contatto con gente affascinante. Ma l’incontro maggiormente pregnante è quello con Alexej Kirov, il più caro allievo dei corsi di interpretazione pianistica, tenuti dalla donna al conservatorio di Parigi. Il giovane musicista russo, diventato ben presto noto e apprezzato in tutto il mondo, chiede alla sua vecchia e indimenticata insegnante di poterla riabbracciare, tra un aereo e l’altro. L’appuntamento è fissato per il 25 luglio all’“Hotelissimo Paris-Gonesse”, molto vicino al De Gaulle. Nell’attesa, Maijka «rivive come in un flashback cinematografico la sua lunga carriera di pianista e di insegnante di pianoforte», colma di affetto materno e di orgoglio per quel «ragazzino biondo, timido e riservato, ma capace di entusiasmarsi, pieno di volontà e di grinta, con una gran voglia di arrivare», che ha seguito le sue orme, conseguendo il successo.

Uomini in cerca di sé
Il signor Marius è un uomo d’affari che scialacqua il suo denaro a causa delle scommesse sulle corse dei cavalli. Essendo costretto a ripagare gli enormi debiti accumulati, entra in un losco giro legato alla vendita di stupefacenti, in compagnia del suo socio Vincent. La mattina del 25 luglio i due devono concludere un affare importante e hanno appuntamento presso l’hotel “Le Relais Bleu”, situato vicino l’aeroporto. Il dottor Jean-Claude è un dentista, sposato con Marguerite da dodici anni e padre di un unico figlio. Nonostante sia fermamente intenzionato a proteggere e conservare la sua vita familiare, non riesce a rinunciare alla passione per Monique, la sua amante, bella, seducente, travolgente con il suo entusiasmo e soprattutto il suo amore per lui. I due hanno l’abitudine di incontrarsi clandestinamente all’“Hotelissimo Paris-Gonesse”, ma quel giorno (il 25 luglio, ovviamente) è diverso dagli altri. Non c’è spazio, stavolta, per il fervore incontrollabile, per la passione lacerante. Monique ha, infatti, preso una decisione irremovibile: è giunto il momento che Jean-Claude scelga tra la vita con lei e quella di sempre, in compagnia della moglie. La donna è, ormai, stanca di accontentarsi dei ritagli di tempo libero, trascorsi nel chiuso di «squallidi alberghetti», lontani dalla luce del sole, separati dal mondo intero, per la paura di essere scoperti e la vergogna dell’infame tradimento. Monique avrebbe il coraggio di abbandonare ciò che possiede (anche lei è sposata) e di ricominciare da zero, pur di poter, finalmente, coronare il suo sogno d’amore. Tuttavia, sa benissimo che, forse, tutto questo rimarrà pura illusione, in quanto «gli uomini sono sempre portati a scegliere la via più facile, quella di restare con la propria moglie! Forse avventurarsi nella novità li spaventa…». Nonostante ciò, deve rischiare, perché fermamente intenzionata a riappropriarsi del proprio futuro.
Infine, abbiamo l’ingegnere François Perrault, proprietario e direttore generale della “Société Parisienne de Téléphonie”, «manager infaticabile, tutto dedito al lavoro e alla famiglia». Malgrado i suoi cospicui guadagni, non si dedica alla “bella vita”. Al contrario, risparmia per poter garantire a sua figlia Virginie, la sua unica ragione di vita, un avvenire sicuro e colmo di soddisfazioni. Ma la mattina del 25 luglio la ragazza cade da cavallo, battendo la testa. François si precipita in ospedale, pur dovendo partire per New York, con il Concorde, di lì a poco.
L’orologio delle loro esistenze batterà più intensamente alle 16:40… Chi si salverà?

L’autore e la mano del destino
Oppo (nato a Oristano, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia e in Medicina legale, autore di centotrenta contributi scientifici, su varie riviste italiane e straniere, e apprezzato romanziere, oltre che poeta) ci racconta delle vite complicate con vera e propria maestria scrittoria, adoperando uno stile estremamente fluido, scorrevole, sciolto, folto di ritmo e velocità e un vocabolario denso, variegato diversificato. Il suo linguaggio si adatta, verosimilmente, di volta in volta, ai differenti personaggi e alle loro peculiarità espressive, passando dal fantasioso slang giovanile, al tono elevato degli ambienti raffinati, sino al gergo tipico degli ambienti della “malavita”. Tali diversificazioni stilistiche rendono la narrazione ancora più fluente e piacevole alla lettura. I vari protagonisti sono ben tratteggiati e godono di profondità psicologica e spessore.
A fare da sfondo alle loro vicende, una Parigi estremamente affascinante, la «città dai mille volti e dalle mille anime», ritratta in modo naturalistico (alla Honoré de Balzac, Guy de Maupassant o Émile Zola), puntando su due diversi registri. Da un lato, troviamo, infatti, la tipica metropoli urbana caotica, brulicante di uomini, chiasso, inquinamento, smog delle auto private e dei mezzi di trasporto pubblico, dall’aria ormai impregnata dai fumi delle fabbriche. Dall’altro, abbiamo, invece, l’antico splendore della città più bella e suggestiva del mondo, «impreziosita da piccoli e grandi gioielli di architettura, da austeri e grandiosi monumenti», la capitale amata dai turisti di ogni parte del globo terrestre, ma anche e soprattutto dai suoi stessi abitanti, i quali non riescono a fare a meno della sua «nascosta poesia», «una poesia che la rende affascinante e diversa da tutte le altre città» e, al tempo stesso, «simile a tanti posti dove un uomo e una donna possono vivere, amare, fare figli e morire».
Oltre a delineare la tragedia delle vittime, l’autore non dimentica neppure coloro che, fortunosamente, sono riusciti a scampare all’incidente. Il fine ultimo dello scrittore è, infatti, quello di condurre una profonda riflessione sulla fatalità, sulla casualità, sul destino beffardo che si diverte a scompigliare e stravolgere i progetti di vita di ognuno di noi, quando meno ce lo aspettiamo e, quindi, meno siamo preparati ad affrontarlo. Tali considerazioni appaiono ancor più veritiere, se si pensa che la scelta di coloro che si sarebbero dovuti imbarcare sul Concorde è avvenuta elettronicamente, tramite computer… «Gli esclusi, che sul momento si ritennero sfortunati e si arrabbiarono, quando a New York seppero ciò che era successo non potevano credere alla incredibile fortuna che li aveva baciati», ci racconta Tristano Oppo. Così è la vita e noi dobbiamo rassegnarci al nostro essere mortali. Tuttavia, una consolazione può derivarci dal fatto che non conosceremo mai, in anticipo, il momento esatto in cui il nostro orologio biologico deciderà di fermarsi. Questo ci consente di godere di ogni istante della nostra esistenza come se fosse l’ultimo e, al tempo stesso, come se il nostro breve passaggio sulla terra potesse durare per sempre.

Annalice Furfari

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 10, giugno 2008)

http://www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=285

RECENSIONE di Emanuela Grasso

Vittorio non ha ancora diciotto anni quando si imbarca sull'Antonio Serra, un piccolo mercantile che fa la spola tra Marina di Carrara e il Medio Oriente, fino ad Istanbul. Nell'Italia del regime Vittorio non vuole diventare un marinaio; ama leggere e studiare ma la morte prematura del padre interrompe la sua vita normale, quella fatta dalle uscite con gli amici, dai sabati passati a fare ginnastica e ad imparare i rudimenti della vita militare nella Gioventù Italiana del Littorio (GIL) non per convinzione, ma perché così facevano tutti. Dopo il suo primo incontro con l'equipaggio dell'Antonio Serra, Vittorio capisce che tutto ciò che vuole fare nelle vita è imbarcarsi ed andare per mare: in barca è il più giovane, e lo impiegano come tuttofare: di giorno lavora sodo, di notte legge libri. La sua vita è ravvivata e arricchita dal rapporto con i membri dell'equipaggio: Aldo il palombaro, Giuseppe il macchinista che gli vuole bene come un figlio, Luigi il radiotelegrafista ebreo, Salvatore il capo cuoco napoletano, Armando il nostromo e infine Ferdinando Beltramino, il capitano. Il capitano non scende da quella nave mai, neanche quando si attracca, e ha un'ossessione: ritrovare in mezzo al mediterraneo l'Isola Ferdinandea, che giura di aver visto una volta durante uno dei suoi primi viaggi...Nel luglio 1831 una nuova isola emerse a sud di Pantelleria dopo che la terra aveva tremato per i 10 giorni precedenti. Dalla terraferma gli abitanti di Sciacca, nella Sicilia sud-occidentale, videro per giorni una nube densa sollevarsi dal mare; nel dicembre del 1831 l'isola scomparve per non ricomparire mai più. Secondo la storia ufficiale, almeno, ma non secondo il capitano Beltramino: intorno alla sua ricerca si snoda la trama di Istanbul bound, fino ad un imprevedibile finale a sorpresa. Carlo Bordoni fa di Vittorio l'io narrante della storia, mettendo in bocca ad un ragazzo semi-istruito parole e concetti che a volte non sembrano calzare molto al personaggio (sebbene provvisto di una viva intelligenza): tuttavia il romanzo è scorrevole, immediato e piacevole da leggere. Tra le pagine più belle del libro, da segnalare l'introduzione a firma di Teodor Józef Korzeniowski, al secolo Joseph Conrad... al secolo scorso, ovviamente. Trovata burlesca dell'autore, grande ammiratore dello scrittore polacco-ucraino (e lo stesso dicasi per Melville, che riecheggia nella 'achabesca' ricerca di Ferdinando Beltramino), o ritorno dall’oltretomba del grande viaggiatore e scrittore inglese di origine polacca?

Emanuela Grasso

http://mangialibri.com/?q=node/1021

FATALE APPUNTAMENTO A PARIGI: Recensione di Carla Arduini (Mangialibri.com)

Philippe è un adolescente alle prese con i primi pruriti sessuali, innamorato segretamente della propria ex tata. La signorina Maijka, classe 1918, concertista di fama, esule dell’ex Cecoslovacchia, ama come un figlio Alexej Kirov, il suo allievo migliore. Marius e Vincent hanno per le mani un affare poco pulito che potrebbe fruttar loro un bel guadagno. Il dottor Jean-Claude, indaffaratissimo dentista, ha appuntamento con la propria amante. L’ingegnere François, manager stakanovista, è in terribile ritardo e rischia di perdere il volo per New York a causa della caduta da cavallo della figlia. Kurt e Greta sono sposini in viaggio di nozze. Alice Brooking sta aspettando i sessantacinque giovani cantori del Gruppo Musicale della Contea di Suffolk cui dovrà fare da guida…
Cos’hanno in comune un giovane francese pieno di ormoni e una studentessa inglese al primo lavoro retribuito, un dentista fedifrago e due piccoli delinquenti? Nulla… a parte il fatto che tutti sono vicini, vicinissimi alla morte; che in un certo senso tutti, inconsapevolmente, la stanno rincorrendo, stanno agendo per trovarsi esattamente nel posto sbagliato al momento sbagliato – la classica combinazione dalla quale è quasi impossibile uscir vivi. Nella fattispecie, i diversi personaggi di cui sopra stanno per fare i conti con un Concorde impazzito, schiantatosi come un gigantesco uccello metallico il 25 luglio del 2000: una tragedia reale dalla quale l’autore, un ginecologo affetto da una discreta grafomania, ha preso le mosse per imbastire questo suo romanzo corale sull’imponderabilità del Caso (o del Destino). Un disastro che stroncherà la vita di molti e che lascerà indenni pochi fortunati, riusciti miracolosamente a schivare la Nera Signora, magari rimediando solo un piccolo graffietto, procurato di striscio dall’affilatissima falce.
Ma anche senza arrivare alle scene apocalittiche dei disastri aerei, è lapalissiano che qualunque atto – mancato oppure no – possa avere delle imprevedibili (nel bene o nel male) conseguenze nella vita di chi lo compie. Chiedetelo all’algida Gwyneth Paltrow, letteralmente scissa in due dopo aver perso/preso la metropolitana. Insomma, per noi poveri mortali l’unica cosa sensata da fare sembrerebbe quella di abolire i “farò” e cogliere l’attimo, godendo ogni momento, perché – e la scoperta non è affatto sensazionale – tutti noi, chi prima e chi dopo, “siamo attesi all’incontro con ‘sora nostra morte corporale’” (cito dal romanzo). Sulla nostra agenda, insomma, chissà quella di quale anno, è fissata la data di uno sgradevolissimo e “fatale appuntamento”… State già facendo i debiti scongiuri, non è vero?

Carla Arduini

http://mangialibri.com/?q=node/1570

sabato 7 giugno 2008

RECENSIONE di Luca Di Gialleonardo

Già dalla premessa del romanzo si fa riferimento a Moby Dick, ma a mio avviso il libro ha delle caratteristiche che lo rendono distante dal capolavoro di Melville.
E, badate bene, con questo non voglio dire che il romanzo di Bordoni non sia interessante, anzi. La lettura è molto fluida e attenta e diventa naturale seguire le avventure del ragazzo costretto dalla cattiva sorte a diventare marinaio. Un marinaio del secolo appena concluso che si imbarca come mozzo verso Istanbul, una meta sognata dalle fotografie e dai racconti dell’equipaggio.
E ci ritroviamo quindi a navigare, insieme a personaggi descritti minuziosamente, tanto da farceli conoscere, in particolare Beltramino, il comandante che, come Achab, insegue un sogno che qui non è rappresentato da una balena, ma da un’isola misteriosa, Ferdinandea, che affiora dai mari carica di tesori. Al contrario di Achab, però, Beltramino fa quasi tenerezza, con le sue idee strampalate e i suoi sogni di bambino.
La scrittura è molto buona, Bordoni sa usare davvero la tastiera e in alcuni passaggi riesce a infondere emozioni molto forti. Toccante è il capitolo dei tedeschi a bordo, quando l’ombra delle leggi razziali nel periodo fascista mostra la sua crudeltà anche su una nave lontana dal mondo.
Il finale lascia a bocca aperta e, anche se non mi ha convinto al 100%, ritengo concluda in bellezza un romanzo da consigliare.

http://v3.operanarrativa.com/node/736