mercoledì 21 dicembre 2011

Camminare sulle uova...

Ricordo le prime esperienze con le mie pazienti sofferenti di disturbo borderline.
Ricordo le prime volte in cui ho preso coscienza della loro sofferenza interiore.
Persone che si tagliano, si bruciano, si abbuffano, abusano di sostanze per placare emozioni percepite in modo talmente brutale da essere ingestibili, se non si hanno gli strumenti per farlo.
E io, piccola giovane terapeuta inesperta, impaurita da tanta sofferenza. Attenta a non cadere nelle trappole, in cui invece a volte sono precipitata. I miei supervisori mi mettevano in guardia, mi sgridavano, mi insegnavano. A volte ho sbagliato, ho commesso errori. Ho capito sulla mia pelle quanto fosse difficile aiutare queste persone.
Spesso mi sono arrabbiata con loro perché non facevano ciò che gli insegnavo o con me stessa sentendomi impotente e impreparata in quanto non si vedevano miglioramenti.
Parlare con queste persone è come “camminare sulle uova”. Devi stare attenta a ogni parola perché può ferire come una lama tagliente. E’ come, dice la Linehan, se avessero l’epidermide ustionata e il solo sfiorarle può generare una sofferenza indescrivibile.
Piano piano sono diventata più esperta e sono riuscita ad aiutarle meglio. E’ necessaria tanta forza interiore per non lasciarsi abbattere dalla loro visione catastrofica e distruttiva, tanta pazienza e una visione positiva della vita da trasmettere. Perché loro ti studiano, sono molto intelligenti, capiscono se dici “balle”. Devi essere sincera e comprendono se in quello che racconti ci credi veramente.
Sono pazienti che richiedono un’enorme energia, ma che ti donano tantissimo. Spesso sono le pazienti a cui io mi affeziono di più, perché con loro si vive intensamente anche la terapia.
Da tanto avevo l’idea di scriver e un libro su di loro. Diverse le motivazioni. Prima di tutto volevo far capire alla gente cosa è un disturbo di personalità. Volevo farle sentire più comprese e meno sole. Ho scritto il libro anche come esempio per i colleghi alle prime armi, come sono stata io. Un libro del genere mi avrebbe aiutato molto. Spero con tutto il cuore che qualcuno possa trarne beneficio: fosse anche solo una persona!
Mi piacerebbe tantissimo ascoltare i pareri di chi, incuriosito, ha avuto la pazienza di leggere il nostro libro. Nostro perché sottolineiamolo ho avuto l’onore di scriverlo con una mia paziente, che ha potuto farmi da specchio e farmi capire cosa si impara dalla terapia, i vari vissuti emotivi verso il terapeuta, gli errori che si possono commettere, l’aiuto che se ne può trarre.

C.B.

martedì 20 dicembre 2011

Terrore dell'abbandono e psiche ferita in "Io mi taglio" di Carlotta Bocchi (Gazzetta di Parma, 20/12/2011)


Incidere il tormento nella carne, perché nelle ferite non è il corpo, ma l’anima stessa a sanguinare, ed il sangue è come lacrime, dense di rabbia e disperazione. Io mi taglio. Diario di una borderline (Tabula Fati) è la prima esperienza letteraria di Carlotta Bocchi, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale specializzata nella cura dei disturbi alimentari, e di Cassandra, pseudonimo di una sua paziente. Non si tratta di un’autobiografia, bensì di una storia che, ispirandosi a vissuti reali, illustra le caratteristiche del Disturbo Borderline, nonché il sofferto itinerario terapeutico fino al miglioramento. Il diario, che copre un anno e mezzo di terapia, permette al lettore non solo di seguire, ma di vivere nelle corde più profonde i progressi e i regressi della protagonista, le sue sofferenze più intime. In pagine intense la giovane riversa se stessa e le sfaccettature caoticamente laceranti che definiscono il disturbo. L’instabilità dell’umore che, con la violenza di un’onda, innalza e fa sprofondare, le relazioni tumultuose con gli altri, ora idealizzati, ora svalutati, i picchi emotivi incontrollabili – il deficit nel gestire le emozioni conduce a reazioni estreme, dall’ira all’autolesionismo –, i tentativi di suicidio. L’autostima della protagonista è spesso compromessa, l’immagine che essa ha di sé è convulsa e distorta; ora è attanagliata dal pensiero della propria insensatezza; ora è logorata dalla brama di una non umana perfezione. Poi il senso di vuoto terrifico, il terrore dell’abbandono, e le abbuffate per riempire questo vuoto e gli estenuanti digiuni, quasi a concretizzare nel corpo la volontà di dissolversi. E in fondo, inesorabilmente, una delirante sofferenza. Inestirpabile, finché, grazie agli strumenti terapeutici, non diviene possibile fare passi avanti, intervenendo sui pensieri negativi, sui comportamenti più disfunzionali, esponendosi al rischio di cadere, ancora e molte volte, alla paura di distaccarsi da una malattia che si è quasi cucita sulla pelle. Ma, infine, come una luce salvifica, l’accettazione di se stessi. Il convivere con sé senza più distruggersi. I mostri non scompaiono, ma si impara ad affrontarli, e si spianano le ali – prima tarpate – verso la vita.

Isabella Bonati

domenica 18 dicembre 2011

Anticipazione: AL DI LÀ DELLA FERROVIA di Loredana Pietrafesa

Cinque storie di donne dedicate anche e soprattutto agli uomini, ponti gettati verso la comprensione, l’amore e il rispetto reciproco.
Cinque storie scritte da una donna, non languide o sentimentali, ma dure e sincere.
Storie che urlano, che inducono a riflettere, storie che afferrano e scuotono mentre affascinano e che, per quanto improbabili, affondano le loro radici nella realtà, rispecchiandone i limiti, le assurdità e le contraddizioni.
Cinque storie che richiedono uno sforzo agli uomini che le leggeranno: di andare oltre la propria misoginia e affrontare verità a volte molto difficili da accettare.

Accostandosi alla lettura di queste pagine si prende l’impegno, principalmente con se stessi, di riflettere sulla condizione della donna e della società senza barare mai, ma cercando invece di mantenersi puri come bambini che guardano passare il treno e si chiedono cosa ci sia “al di là della ferrovia”. Domanda banale, ma che pretende risposte complesse, che forse non tutti avranno il coraggio di dichiarare.


Loredana Pietrafesa
AL DI LÀ DELLA FERROVIA
Presentazione di Arturo Bernava
Edizioni Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-238-6]
Pag. 96 - € 8,00


sabato 17 dicembre 2011

domenica 4 dicembre 2011

Intervista a Cosimo Massaro autore del romanzo "La moneta di Satana"

"La moneta di Satana", il romanzo d'esordio di Cosimo Massaro non è solo un thriller avvicente, ma un vero e proprio manuale per capire il mondo in cui viviamo. "Non è semplice comprendere la colossale truffa delle banche: l'attuale sistema monetario basato sul debito sta collassando su se stesso"- commenta l'autore, citando il prof. Giacinto Auriti. Teorizzare il signoraggio bancario significa spiegare le logiche che sottendono ai perversi meccanismi dell'economia. Lui ci ha provato, applicando alla finanza le ragioni del cuore che, come diceva Pascal, la ragione non conosce.

Dalle sue biografie, emergono molteplici interessi: letteratura classica, arti marziali, archeologia, ... Come fa a combinare passioni così diverse tra loro?
Riesco a curarle con grande sacrificio, convito che l'impegno prima o poi ripaghi. Mi definisco una persona dall'animo artistico che cerca di permeare qualsiasi cosa di emozioni e creatività. Tutti i miei interessi fanno capo innanzitutto alla mia personalità dinamica ed eclettica e, sebbene molto diversi, sono inscindibili l'uno dall'altro.

Quanto tempo è intercorso tra l'idea di questo libro-rivelazione e la sua stesura?
Precisamente non saprei, direi circa tre anni per scriverlo e meno di un anno per concordare i dettagli con l'editore. Scrivevo solitamente di pomeriggio, quando avevo l'ispirazione, quando sentivo che era il momento di buttare giù delle idee, per poi correggere le bozze, tagliare, aggiungere e riscrivere.

C'è chi la paragona a Dan Brown...
Il paragone mi lusinga, anche perchè, dal punto di vista letterario, è uno dgli autori principali a cui mi sono ispirato. Quindi devo aver fatto bene il mio lavoro! Mi sono ispirato anche ad altri autori come Carlos Castaneda, e per i dialoghi tra i protagonisti, mi tornavano sempre in mente i dialoghi socratici.

Se dovesse indicare tre artisti a lei affini, chi sceglierebbe?
Non vorrei sembrare presuntuoso ma citerò tre icone: Leonardo Da Vinci per la sua completezza e genialità, il Caravaggio per i suoi contrasti di luce e il regista Steven Spielberg.

... e tre personalità che hanno segnato la sua formazione e la sua crescita?
Carlos Castaneda, lo sciamano Don Juan -il suo mentore- e il prof. Giacinto Auriti.
Da quest'ultimo e dalla sua scuola monetaria ho appreso tutto quello che si cela dietro la creazione della moneta debito e le drammatiche conseguenze di queste dinamiche (tagli alla sanità pubblica e all'istruzione, solo per fare un esempio).
"Siamo destinati a vincere perchè questa battaglia porta con sé la forza della verità": questo insegnamento del prof. Auriti mi ha spinto verso un libro che non fosse solo di intrattenimento, ma aspirasse alla divulgazione, anche presso un pubblico meno addentrato alle tematiche monetarie.

Guardiamo al futuro: se le proponessero di girare un film basato su "La Moneta di Satana", quale attore sceglierebbe per interpretare Alessandro Matus?
Innanzitutto, accetterei molto volentieri, anche perché sarebbe il mezzo più rapido ed efficace per diffondere le teorie economiche e mirare alla coscientizzazione dei singoli cittadini, liberandoci dalla condizione di "schiavi", succubi delle manovre finanziarie. E per interpretare Alessandro Matus, il protagonista del mio romanzo, sceglierei Mel Gibson o Keanu Reaves.

Di Letizia Annamaria Dabramo


http://blognotesalento.com/component/content/article/38-scrittori/170-la-morte-di-satana-di-cosimo-massaro.html

"La Moneta di Satana" presentazione del 10-12-2011 ore 18:30 a Maruggio (TA)