lunedì 30 luglio 2007

RECENSIONE su "Mangialibri"

Prima metà degli anni ’70. Un giovane medico romano abbandona la capitale per ritirarsi nella piccolissima Ginostra, un borgo di poco più di trenta abitanti ai piedi del vulcano Stromboli. Alle sue spalle una storia d’amore non del tutto finita con la giovane Sophie, un’aspirante giornalista televisiva di origini parigine. Immerso nei profumi e nei colori di un paesaggio incantevole, il protagonista troverà una nuova vita fatta di avventure amorose e di compagnie davvero singolari. In mezzo al lento fluire del tempo sull’isola e impegnato come unico medico a disposizione degli abitanti del luogo, il suo attaccamento a Sophie sembrerà quasi diventare un dolce ricordo, ma un’eruzione vulcanica cambierà le cose, permettendo al protagonista di rincontrare la sua amata in una circostanza del tutto particolare…Una sorta di autobiografia quella di Ugo Amati, medico psichiatra vissuto realmente nell’isola di Stromboli a cavallo degli anni ’70. E se il paesaggio di oggi forse non è proprio lo stesso di quello di trent’anni fa, la dolci descrizioni e i ritratti degli abitanti del luogo forniti dall’autore hanno lo stesso sapore che si può provare oggi esplorando le pendici di quel vulcano. Un romanzo che è più che altro il ritratto di un luogo, con la trama che è solo un pretesto (e infatti è a tratti un po’ sconnessa), un’interiezione tra descrizioni fascinose che sembrano presentare un mondo ai confini della realtà, capace di trasportare l’animo delle persone in una dimensione differente diversa, e non per forza migliore. Pare chiaro il parallelismo (evocato anche dalla copertina) con un’altra traversata verso un luogo buio e tenebroso, dove chi v’entra ‘lascia ogni speranza’. Ma se la traversata della nave Eolo del libro non è proprio quella della scialuppa di Caronte e se la scrittura di Amati non è quella di Dante, è pur vero che la capacità dell’autore di immortalare un luogo a lui rimasto nel cuore non è da disprezzare. E dietro al suo voler quasi morire in un posto lontano da tutti, ecco apparire il ritorno ad una realtà romana completamente differente. Con un nuovo appiglio ad una vita che (forse) vale la pena di vivere.

http://mangialibri.com/?q=node/1203


domenica 1 luglio 2007

RECENSIONE su Mediterraneo for Peace

L’isola come luogo in cui trovare le risposte ai propri bisogni. Chi sbarca porta con sé il proprio corredo di emozioni e aspettative: l’isola incantata e senza tempo darà ciò che ognuno vuole. Ginostra, Stromboli, ma anche Filicudi, Alicudi, una delle mille isole della Dalmazia o dei tanti mari del pianeta: luoghi reali e simbolici del viaggio universale della riflessione umana, esplorati, non necessariamente, attraverso il dolore di una condizione penalizzante. Bellissimi, per esempio, sono i versi di Nello Rosselli scolpiti su una epigrafe di un muro di Ustica, dove era stato confinato nel 1927 e dove aveva avuto l’occasione di conoscere le meraviglie del posto, apprezzate in solitudine.Il protagonista del romanzo di Ugo Amati sembra scappare da una storia chiusa ormai in una sequenza comunicativa che va avanti all’insegna della ricerca di supremazia nella relazione: l’isola sembra essere la risposta al bisogno di chiarezza. E, infatti, Sophie andrà via, consapevole che la mossa vincente di lui è stata proprio la scelta di stabilirsi a Ginostra. L’isola darà risposta ad altri bisogni. Tre donne attraversano la sua esistenza nell’isola incantata, venticinque residenti allora, ventisette attualmente. Sophie, forse la più determinata, Eleonora, dalla personalità evanescente e dai contorni sfumati, Lucrezia, un sogno durato una sera e a lungo vagheggiato. Matrioske per lui, l’uomo che le ama, consapevole del bisogno che trova risposta nel corpo femminile. Come è diversa la scrittura di uomini e donne sull’amore... più ancorata ad un bisogno maschile immediato da cogliere e da descrivere, molto più legata all’introspezione per le donne. Ciò che succederà in seguito sull’isola porterà il protagonista a staccarsi emotivamente da quel posto, rompendo i fili dell’attaccamento a persone e cose: evento incomprensibile per chi rimane ma, forse, risposta necessaria al bisogno di cambiamento. Perché, ciò che stanca, a volte, nel viaggio dell’esistenza non è il luogo dove si vive, ma il ruolo che gli altri ci danno e che spesso ci toglie il respiro.

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