venerdì 6 luglio 2012

Recensione su Dictmundi


Daniela Miscia: «Il cortile», Tabula Fati - Chieti
Nel “cortile” della Miscia è rinchiuso tutto l’effimero del moderno, il patinato del successo, il costo del vivere “in carriera”. Ma nello stesso cortile si riscopre il senso autentico della vita, i valori che i rotocalchi alla moda dileggiano tra pagine asfissianti di pubblicità alimentando sogni, desideri, ambizioni spesso costruite nel vuoto. Chi, come me, ha vissuto anni in azienda non può stupirsi di ritrovare nei protagonisti del romanzo volti noti, esperienze note, vicende sofferte e ascoltate sorseggiando un caffè alla solita macchinetta durante le pause di lavoro. Storie di donne in carriera e di amori difficili, di piccoli tradimenti familiari, di figli sballottati e abbaglianti modelli inconclusi di vita.
Certo, non scopriamo solo in questi nostri tempi tormentati dallo spread che sale e discende la vanagloriosa ansia di piccole escalation sociali. La meravigliosa Jane Austen ha costruito memorabili volti di donne che avevano come unico progetto di vita quello di salire un gradino nella scala sociale. Altri tempi, altre storie, stesse piccole ottiche di vita: abbagli, fuochi d'artificio che spesso lasciano sapori dal gusto amaro. Vanitas vanitatum: come in certi squarci d'autori del classico fiammingo che hanno saputo velare l'effimero con una leggera patina di polvere, con un piccolo bruco in agguato al paniere scintillante di colori e di frutta, con l'orlo della cassapanca appena incisa dal tarlo. Tutto ciò si squaglia e si disperde: omnes velut aqua dilabimur: "Andai nello spogliatoio, presi l'abito di seta verde e andai in cucina. Lo tagliai a strisce e ad ogni striscia stavo un po' meglio. Un taglio per Maddalena che mi aveva spinto a comprarlo. Un taglio per Giorgio che aveva visto la mia scollatura e le mie spalle nude, si era sentito in diritto di prendersi anche il resto. Un taglio anche per il direttore che mi aveva sbavato addosso appena tolto il cappotto. Un altro per le colleghe, che non avevano smesso un attimo di spettegolare e malignare. L'ultimo era stato per me, per quello che era diventata, per quello che non volevo essere mai più". (pag.101)
E un taglio ai pregiudizi; alla fine si squagliano anche i pregiudizi. I timori per il "diverso", il vicino di casa , un violinista di origine slave e, quindi, da tenere in solida disparte come suo figlio, senza accorgersi di quanta umanità, quanta leggerezza poetica, quanta musica e arte si nascondono nel cuore e nell'animo dell'uomo ovunque egli sia e nasca. Personalmente ricordo il fascino che ho subito molti anni fa, in Romania, durante la famigerata cura Ceausescu, nell'udire il suono dolcissimo e liberatorio che s'involava con le note del flauto di pan da parte di ragazzini poveri, macilenti e sudici che mi chiedevano un "lei", uno spicciolo, in cambio di musiche colme di stupore celeste. Certamente di una grande ricchezza d'animo. Lo capisce il piccolo Edo quando scopre che il suo amichetto Tonio, il figlio del violinista bulgaro, vive al di là del cortile, in una casa dove sulla parete di una stanza è dipinto un acquario: "Mamma, non puoi capire che cose belle mi ha fatto vedere Tonio in casa sua ieri: pensa ha una stanza che è un acquario, con tanti pesci colorati, dai nomi strani, con gli spillini sopra le pinne, i martelli addirittura..." (pag.86). Già, ma come fa una madre a far capire al proprio figlio che "Tonio non è la migliore delle compagnie, la più adatta..." (pag. 93)
Gli occhi dell'infanzia sanno vedere, oltre i confini del cortile, il vero dell'esistere e l'infinito che avvolge l'autenticità della vita con la fantasia dell'arte. Ma lo scopriranno anche le protagoniste del racconto, quando il velo dell'effimero verrà finalmente dissolto svelando la pochezza del fatuo e dei miti illusori che calcano il prato del "cortile" di Daniela Miscia. Un cortile dove si intrecciano storie di moderne avventure, storie che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, amori, sospetti, gelosie, separazioni, figli. Dove la vita scavalca la cronaca per farsi documento di storia e di attualità e la pagina assorbe con snellezza descrittiva e rapidità quasi giornalistica il susseguirsi delle vicende che coinvolgono le tre protagoniste del racconto: la disinvolta e tragica Maddalena, "una donna sola, che ha cercato di riempire i suoi vuoti nei modi peggiori"(pag.180), la modesta e"ordinaria" Flora così simile a Olivia, la fidanzata di Braccio di Ferro (pag 88), la bella e ambiziosa Clelia che si sforza di vivere una vita che non le appartiene e solo dopo un faticoso percorso catartico di sbagli e di abbagli si accorge che "se si fosse lasciata guidare dal cuore non si sarebbe persa" (pag.175).
Una bella e gradevole lettura per riflettere su quello che siamo.
(Commento di Pier Luigi Coda)